100 5.2. IL PALLIO SI SAN FLORIANO

Antichissimi sono a Jesi il culto e la festa di S. Floriano che si celebrava, come oggi, il 4 maggio.  Patrono del Comune   e del Contado, l’omaggio al santo divenne un segno della “devozione” al Comune stesso: già nel 1194 nell’atto di sottomissione    al Comune    di Jesi, Trasmondo   conte di Morro    Panicale (Castelbellino), tra gli altri obblighi, assunse quello di pagare ogni anno tre libbre di cera nella festa di S. Floriano.    Comunque    l’atto che significava e qualificava maggiormente    la volontà di dominio di Jesi sui castelli del contado era la presentazione dei pallini, nel giorno della festa del santo, simbolo della “soggezione fedeltà et obbedienza” dei castelli alla città. 4Ivi, p. 367.   L’atto indubbiamente rappresentava “la sanzione più inconcussa dei diritti e delle prerogative del Comune”. 5Gianandrea A., Festa di San Floriano Martire, G Aurelj, Ancona 1878, p. 13.  
“Il pallio era di seta e di vari colori, rosso, nero, verde, giallo, d’oro […] a tinta unita o decorato di rose, fiori ecc. Sospeso ad un’asta o lancia veniva portato […] da   uomo a cavallo. Nel periodo più antico vi si accompagnava anche un’offerta di cera. E l’obbligo della presentazione era così categorico che, se non vi si fosse ottemperato   dagli aventi obbligo, nello stesso giorno o nel seguente l’esercito jesino sarebbe andato contro i “non portantes”. 6Annibaldi G, Esame testimoniale nella causa circa i rapporti tra Jesi e Staffolo dalla morte di   Federico II e quella di Manfredi, in Atti del Convegno di Studi su Federico II (Jesi 28-29 maggio1968), Jesi 1976, p. 167. Il testo che riguarda il Pallio di S. Floriano (pp. 167-170) è   stato ripresentato su Voce della Vallesina n. 16 del I maggio 1994, p. 3.
Potevano esserci anche sanzioni economiche, proibendo cioè a tutto il Contado di commerciare derrate alimentari con i castelli che si erano rifiutati di portare il pallio: chi contravveniva all’ordine era processato e condannato.
Il processo e condanna che subirono due donne di Rosora il 20 luglio 1357 per aver venduto formaggio   a Serra San Quirico che non   aveva presentato il pallio il 4 maggio dell’anno prima, contravvenendo così alle disposizioni del Consiglio Generale del Comune   di Jesi prese il 10 luglio 1356, sono emblematici. 7Urieli C., Jesi e il Contado, vol. I, tomo II, p. 307.
Ogni anno il Consiglio della Comunità di ogni castello, in una seduta precedente la festa di S. Floriano, provvedeva a nominare un deputato o delegato che prendesse parte alla cerimonia della presentazione dei pallii a Jesi. Il Comune e sua volta provvedeva    a determinare il valore del pallio da    presentare proporzionato all’importanza del castello e al numero delle famiglie. Per Monte Roberto il valore del pallio, stabilito il 5 maggio 1453, era di 20 bolognini insieme a Maiolati, San Marcello    e Monsano; 25 bolognini   doveva valere il pallio di   Massaccio, Montecarotto, Poggio S. Marcello e Belvedere mentre 15 bolognini   il pallio di Castelplanio, Rosora, San Paolo, Castelbellino, Poggio   Cupro e Scisciano. 8Gianandrea A., op.cit., p.14.  
La presentazione dei pallii avveniva   dopo un corteo allietato da numerosi suonatori che si concludeva con una solenne cerimonia in piazza San Floriano (oggi Federico II). Seguivano la corsa all’anello e, dal 1453 la gara di tiro a segno con la balestra. La decisione per quest’ultima fu presa dal Consiglio di Credenza di Jesi il 28 aprile 1453 e tra i priori che ebbero la responsabilità di dare esecuzione alla delibera, troviamo Giovanni Brenchi da   Monte Roberto, estratto il 22 aprile per il bimestre maggio-giugno   insieme a Galvano di Antonio   Galvani e Francesco di Massimo   da Poggio S. Marcello e al Gonfaloniere Corrado di Giovanni Manuzio. 9ivi, pp. 20-21.
La festa di S. Floriano con il relativo pallio da presentare fu per secoli “una dimostrazione della superiorità politico-amministrativa della Città sul Contado”, a questo si deve aggiungere che, quale “segno di recognition di dominio e di sogezione”, il Consiglio Generale di Città e Contado l’11 giugno 1504 deliberava di far scolpire sulle porte dei castelli lo stemma del   Comune di Jesi. 10Urieli C. Jesi e il suo Contado, vol. II, p. 367.   Ecco perché anche oggi lo stemma di Monte Roberto e degli altri comuni della Vallesina, ha come   immagine fondamentale il leone rampante   dello stemma di Jesi.  Se nella presentazione dei pallii fu preminente il carattere di sudditanza dei castelli di Jesi con odiose quanto ridicole discriminazioni e sopraffazioni fiscali, in essa era anche insito, come è stato giustamente sottolineato, un atto di devozione al patrono con una festa   comune che   serviva per cementare   sempre più negli animi la concordia e la vera fratellanza dei cittadini di tutto lo Stato jesino 11Annibaldi G., op. cit., p. 171 e Feltrini Giovanni Maria, Belvedere Ostrense. Ricerche storiche, Tip. Fiori, Jesi 1932; ristampa, Chiaravalle 1983, p. 33.   Urieli C., San Marcello, Jesi 1984, pp. 163-164.   Sospesa   durante il “triennio giacobino” (1797-1799), la cerimonia della presentazione del Pallio viene   successivamente ripresa, anche se la contestazione dei castelli nei confronti della città si fa sempre più evidente. Diversi di essi infatti non si presentano il 4 maggio o lo fanno con qualche   giorno di ritardo evidenziando lo stato di insofferenza nei rapporti tra città e contado. Per quanto riguarda Monte Roberto, tra il 1801 e il 1807, il registro dei Consigli della Comunità, a differenza di una prassi amministrativa secolare, riporta il nome del “deputato’ alla presentazione del pallio solo per il 1801: fu Giuseppe Bimbo, nominato il 26 aprile per la cerimonia del 4 maggio, il suo è l’ultimo nominativo conosciuto. 12ASCMR, Consigli (1794-1808), c. 88v. Negli anni successivi Monte   Roberto si presenta, ma non   sempre con puntualità: nel 1805 lo fece il 5 maggio insieme a Scisciano e Massaccio, nel 1806 di nuovo il 5 maggio insieme a San Paolo, Belvedere, Poggio Cupro, Monsano, Rosora e Rotorscio. Il 4 maggio 1807 si tenne l’ultima cerimonia della presentazione del pallio, presenti Monte Roberto e quasi tutti gli altri castelli: Rosora si presentò il 13 successivo, mentre Massaccio si rifiutò decisamente di andare. 13Urieli C., Jesi e il suo Contado, vol. IV, pp. 724-725.  
Il 2 aprile 1808, con decreto imperiale, Napoleone, annetteva le provincie di Urbino, Macerata e Camerino al Regno d’Italia, veniva così definitivamente sciolto il Contado di Jesi sanzionando la fine dell’organizzazione politico-amministrativa della Vallesina operante dal sec. XIII. Il possesso formale delle nuove provincie avvenne l’11 maggio; il 25 aprile, Jesi aveva diramato l’invito ai castelli per il Consiglio di Città e Contado e per “prestare il solito giuramento” previsti per il 4 maggio: non si ha la relazione ufficiale della riunione e della cerimonia, comunque quel giorno “venne   definitivamente ammainato   il Pallio […] simbolo della pagina  più gloriosa della storia della Vallesina”. 14Ivi, p. 729.

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