108 5.6A. IL CONSIGLIO DI MONTE ROBERTO

Il Consiglio della Comunità di Monte Roberto era formato da 24 membri; il numero dei componenti il consiglio variava da castello a castello, senza avere un rapporto diretto con l’entità demografica del castello stesso. Nel Settecento, ad esempio, Castelplanio ne aveva 44, 36 S. Marcello, 30 Belvedere e Montecarotto, 24 Massaccio, Rosora, San Paolo, Maiolati, Morro, Castelbellino e, come abbiamo visto, Monte Roberto.
Si entrava a far parte del consiglio per diritto ereditario o per cooptazione: 22Molinelli R., Città e Contado nella marca Pontificia in età moderna, Urbino 1984, pp. 99-109. quando un consigliere moriva e non aveva eredi, il consiglio era chiamato a scegliere tra i nominativi delle famiglie maggiorenti della comunità per titoli e proprietà che ne avevano fatto richiesta.
Una prassi secolare: il consiglio così strutturato aveva sostituito l’assemblea dei capi famiglia e del popolo che nel Medioevo veniva ascoltata per gestire le cose della comunità e del castello.
Solo nel corso dell’Ottocento, l’ereditarietà, come diritto, venne a mancare; essa comunque era stata ribadita, concluso il “triennio giacobino”(1797-1799) con il ritorno del Governo Pontificio garantito dagli Austriaci, nella seduta del Consiglio della Comunità di Monte Roberto del 17 gennaio 1800: “Le cariche di magistrato – si disse – non possono né vendersi né rinunciarsi avendovi diritto tutti gli eredi”. 23ASCMR, Consigli (1794-1808), cc. 53v-54r.
Fu questa ereditarietà della carica di consigliere che permise per secoli ad alcune famiglie di avere sempre un rappresentante nella gestione del potere amministrativo. Cambiarono regimi (da pontificio a francese, di nuovo pontificio, napoleonico, pontificio ancora, repubblicano e poi monarchico), si fecero elezioni ma alcune di queste famiglie rimasero sempre: Amatori, Olivieri, Capitelli, Annibaldi, Tesei, Baldelli, Nicodemi, Moretti, Salvati, Guglielmi ecc.
Numericamente dai 24 consiglieri dei Sei/Settecento si passò al Consiglio della Municipalità del 1797-1799 formato da 5 “municipalisti” compreso il presidente. Dopo il 1808 con l’unificazione di Monte Roberto, Castelbellino e San Paolo, il Consiglio è così composto, il sindaco, due anziani di Monte Roberto e 5 consiglieri rispettivamente per Monte Roberto, per Castelbellino e per S. Paolo.
Sedici consiglieri formavano il Consiglio del 1829 compresi il priore e due aggiunti; venti erano del 1839 più il priore e 4 anziani. Nel periodo della Repubblica Romana (1849) gli eletti del popolo alla Pubblica Rappresentanza furono 13 compresi il priore e 2 anziani.
La successiva Commissione Comunale provvisoria era composta da 4 membri; sedici invece erano i componenti del nuovo Consiglio della Comunità dal 1851 al 1859. Con l’unificazione dell’Italia, il primo Consiglio Comunale di 15 membri fu eletto il 3 gennaio 1861, numero rimasto fino al presente. 24cfr. Appendice, n. 14.
Annunciato sul far della sera del giorno precedente (“Congregato […] Consilio […] bandito hen vesperi pro hodie”) dal balivo e al suono della campana civica (“et pulsata campana more solito”), 25 ASCMR, Consigli (1608-1616), c. 73v, 23 marzo 1612.il Consiglio si riuniva con un preciso ordine del giorno (“propositiones”) illustrato in ogni singolo punto da un relatore non senza aver pubblicamente premesso uno specifico giuramento. Seguivano la discussione e la votazione a “viva voce” o segreta con le palle del “si” e le palle del “no” messe in un apposito “bossolo”, e la eventuale nomina di specifici “deputati” che seguissero la realizzazione di quanto deliberato.
Tra gli impegni più importanti cui era chiamato a discutere il Consiglio c’erano la “Tabella”, cioè il bilancio annuale delle entrate e delle uscite, e la nomina o la riconferma, da farsi prima del 13 dicembre, di ogni anno, del segretario, del medico, del maestro di scuola, del chirurgo, del postiglione, del moderatore dell’orologio, del balivo o cursore comunale.
Preoccupavano spesso e molto i problemi relativi alla pubblica viabilità e quelli relativi al quotidiano dei cittadini (il forno, il macello, il grano, specie per le famiglie più povere). Faceva parte dei problemi affrontati in Consiglio anche la gestione-affitto delle proprietà fondiarie della comunità. 26Le proprietà erano in contrada Catalano, Forsaneto, Avolante, S. Silvestro e contrada Spina sulla sinistra del fiume Esino; di tutte, oltre la metà del Settecento, venne fatta una pianta esposta nella sala del Consiglio (cfr. ASCMR, Consigli (1780-1793) c. 59r, 7 novembre 1784).
Per ogni singolo problema, quando c’era da seguirlo con particolare attenzione, sì nominavano uno o più “deputati” che ne riferivano al Consiglio. Non mancavano i problemi, quelli di ordine fiscale nei confronti di Jesi ed anche quelli con le comunità limitrofe che i rispettivi rappresentanti discutevano periodicamente.
Conosciamo ad es. di due incontri avvenuti ad Osteria di Castel del Piano (attuale Borgo Loreto di Castelplanio) il 23 gennaio e il 3 aprile 1571 tra i delegati di Massaccio, Maiolati, Monte Roberto, Castelbellino e San Paolo. A programmarli era stato Massaccio; nella lettera d’invito si diceva: “Se mai havemo havuto da conferire con voi cose importantissime hora più che mai habbiamo da ragionare assieme cose di grandissima importanza”. 27ASCC, Lettere diverse (1516-1599), lettere del 18 gennaio e del 1° aprile 1571.
Per far rimanere il Consiglio sempre di 24 membri, anche quando un componente fosse venuto a morte o fosse stato impedito stabilmente di partecipare e non avesse avuto un erede o un figlio maggiorenne, si faceva ricorso al “bossolo degli spicciolati”, ad un’estrazione cioè di nomi di riserva messi in un apposito elenco per sopperire gli eventuali vuoti.
A decidere comunque era il Consiglio. 11 21 dicembre 1609 si dovette affrontare il problema non perché ci fossero scranni vuoti tra i consiglieri ma unicamente perché c’erano state quattro domande per entrare nel bossolo degli spicciolati.
“Atteso che ci siano state presentate quattro lettere da diversi che pretendono essere ammessi nel bossolo delli 24 overo nel bossolo deli spicciolati per i primi lochi vacanti”; il relatore propose di non estrarre alcun nominativo: “in modo nessuno si innovi più altro sopra agli spicciolati […] sin tanto che non saranno finiti di cavare quelli che stanno dentro il registro e che quando succederà la morte di persone che non haveranno legittimo successore, che a quel tempo della refetione del Bossolo quelli che haveranno volontà di essere aggregati nel numero delli 24 se faranno sentire, e allora il Consiglio cercarà di dare sodisfatione a
quelli che non haveranno hauto Padre o Avo et facendo a questo modo che ho detto la Comunità resterà Padrona di gratificare a tutti Homini atti e meritevoli i quali che ci hanno hauto padre e Avo”. La proposta fu accettata con “16 palle del Si e 2 palle del No”. 28ASCMR, Consigli (1608-1616) cc. 52r/v.
In genere era proprio nell’ultima seduta che il Consiglio teneva ogni anno che Si nominavano i “deputati” per procedere alla “refetione del Bussolo” da farsi nella prima seduta del nuovo anno, durante la quale, oltre ad esaminare ogni proposta di ammissione e votarla singolarmente, si rinnovavano gli incarichi per i “salariati” del comune: la data però del 13 dicembre prevista per queste scadenze era scivolata ai primi di gennaio.
Il rifacimento annuale del “Bussolo di Regimento della Comunità” 29ASCMR, Consigli (1756-1766), c.60v. era anche l’occasione per la “solita ricreazione”, tutti i consiglieri cioè si ritrovavano a tavola per un pranzo. La spesa relativa era prevista in bilancio, “siccome [però] non è sufficiente secondo il solito”, è necessario “supplirvi colli regali dell’Affitti ed Enfiteusi ecc., conforme si è costumato nell’anni passati”. 30Ivi, c.144r, 21 dicembre 1760. Gli affittuari del forno, del macello e dei terreni della comunità, per questa riunione conviviale, non mancavano di consegnare delle regalie, previste del resto nei rispettivi capitolati di affitto.
Ci si era dotati anche delle necessarie stoviglie e all’occorrenza il Consiglio era chiamato a decidere. Il 10 dicembre 1758, il relatore Nicodemo Nicodemi così espone il problema ai colleghi: “Stimo cosa necessaria il rifarsi la Tovaglia nuova da tavola per questa Comunità, per valersene nella solita ricreazione del Bussolo, ed altresì provvedersi li vasi necessari, piatti, ed altro, e perciò li Signori Quattro fare la spesa, che potrà occorrere. Ad effetto poi di ben conservarsi, e custodirsi detti utensili son di parere darsene la consegna al Deputato della ricreazione con inventano, e quello poi per suo scarico, dovrà riportarne ricevuto dal deputato successore per un altro anno; e per conservarsi detti utensili darsi al medesimo Deputato la chiave della credenza solita, ove si conservano gl’altri vasi di questa Comunità, che servono per la medesima ricreazione”. La proposta ebbe 9 voti favorevoli e solo uno contrario. “Deputati eletti per il Bussolo dalli Sig.ri Quattro, sono i sigg. Tenente Ridolfo Leoni, e Mattia Amatori”. 31Ivi, c. 86v.

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