Dopo la sconfitta di Napoleone e quella di Gioacchino Murat, il Congresso di Vienna (1815) decretava la ricostruzione dello Stato della Chiesa. Pio VII il 6 luglio 1816 riordinava lo Stato Pontificio; Jesi fa parte della Delegazione di Ancona e pur essendo sede in un governo distrettuale non risorge l’antico contado.
La Segreteria di Stato con un editto del 26 novembre 1817 mette nuovo ordine nelle amministrazioni locali decidendo che con il 1° gennaio 1818 alcuni comuni aggregati ritornino nella piena autonomia.
La decisione per l’autonomia di Castelbellino e San Paolo è comunicata con circolare della Delegazione di Ancona del 7 dicembre 1817, cinque giorni dopo si riunisce il Consiglio Comunale di Monte Roberto e Aggregati, i consiglieri di San Paolo protestano e vogliono rendere nulla la seduta stessa: si fa osservare comunque che l’autonomia sarebbe iniziata il 10 gennaio 1818, non il 13 dicembre. 120ASCMR, Consigli (1809-1827), pp.123 e 129. Una nuova seduta del Consiglio del 19 dicembre provvede alla sostituzione dei consiglieri di San Paolo e di Castelbellino che con il nuovo anno “vengono a distaccarsi e formare ciascuno Comunità separate”.121Ivi, p. 129.
Con il ritorno del governo pontificio si era cominciato a studiare e a mettere in atto la riforma amministrativa con nuove circoscrizioni territoriali e relativi capoluoghi.
Massaccio, Poggio Cupro, Scisciano, Maiolati, Monte Roberto, Castelbellino, San Paolo e Staffolo dovevano formare una nuova circoscrizione. Massaccio con i suoi 3.525 abitanti già “governo di seconda classe”, un palazzo comunale ampio e accogliente, capacità recettive in locande e osterie ubicazione centrale tra i comuni del piccolo distretto, rivendicava nei confronti di Staffolo la sede di capoluogo. Sottolineava in particolare la difficoltà dei cittadini di Maiolati, Monte Roberto e Castelbellino nel raggiungere Staffolo, “intersecato da due torrenti Fossato e Cesola, i quali nella maggior parte’ del Verno sono rovinosi ed intransitabili”.
Le autorità di Massaccio nell’agosto 1815 scrivono al card. Consalvi Segretario di Stato, poi anche al card. Diego Innico Caracciolo già Governatore di Jesi (1790- 1795) ed in stretto rapporto epistolare con la comunità che lo aveva eletto suo “patrono” e “protettore”, fecero loro pervenire memoriali esplicativi: la questione era rimandata al Delegato di Ancona che avrebbe preso in considerazione le motivazioni addotte da Massaccio.
Il paese chiedeva di essere capoluogo-sede di un Governatore “Giusdicente”, di un governatore cioè che esercitasse funzioni anche di giudice per vertenze minori che poi erano le più numerose. Si insistette su questa richiesta per tutto il 1816 e nei primi sei/sette mesi del 1817: la conclusione fu che Staffolo fu scelto definitivamente, con il 1818, come sede del “Governo Giurisdizionale” con un governatore residente, Carlo Fabrini fu il primo, mentre in ogni altro comune sarebbe stato eletto per un biennio un vice-governatore. 122ASCC, Petizione per Giusdicente (1815-1817). Riparto dei Governi e delle Comunità dello Stato Pontificio con i loro rispettivi Appodiati, Vincenzo Poggioli Stampatore, Roma 1817, p. 486. A questa carica il Consiglio Comunale di Monte Roberto elesse il 19 dicembre 1817 Emidio Salvati con un onorario annuo di 60 scudi. 123ASCMR, Consigli (1809-1827), pp. 131-132.
L’art. 168 del Motu Proprio di Pio VII del 6 luglio 1816 dava particolare importanza alla redazione del bilancio preventivo (Tabella Preventiva) che doveva essere compilato entro il mese di agosto dell’anno precedente. Il Consiglio Comunale di Monte Roberto e Aggregati il 25 agosto 1817 lo discuté e lo approva, è un bilancio per tutte e tre le comunità ancora unite, non si sapeva infatti che con il 1° gennaio 1818 Castelbellino e San Paolo avrebbero ottenuto l’autonomia.
Complessivamente il bilancio è di 1754,74 scudi, l’entrata più importante è data dalla tassa sul bestiame, scudi 1218,70; tra le spese, oltre a quelle per i salariati (medici, 291,30 scudi; chirurghi, 100; postiglioni, 31,92; maestri, 106,20 ecc.) una voce considerevole è quella relativa alle somministrazioni caritative, 187 scudi. Da questo anno vengono ripristinati gli onorari per il procuratore a Roma e per il predicatore della quaresima. 124Ivi, pp. 112-113.
Nel bilancio per il 1819 che si riferisce evidentemente al solo comune di Monte Roberto, si prevedono in entrata e in uscita 952,05 scudi, dal bestiame, eccetto “i bovi aratori”, si ricava scudi 762,90; in uscita “alla città di Jesi per i spilli” scudi 124,52. 125Ivi, pp. 139.
Il preventivo per l’anno 1820 è all’incirca come quello dell’anno prima 935,32 scudi; in luogo della tassa su bestiame (“L’industria sul bestiame tanto utile al commercio, quanto necessaria per gli ingrassi, è affatto distrutta”), vi è la tassa sul seminato a grano (scudi 772,45), identica la tassa per gli spuri.126Ivi, pp. 162-163.
Nel 1821 ritorna la tassa sul bestiame mentre aumenta la spesa per gli esposti, 144,42 scudi. 127Ivi, pp. 184.
Un bilancio più ristretto quello del 1822, 894,80 scudi; è abolita la tassa sul bestiame ed introdotta quella sul focatico rustico (815 scudi) e urbano (15 scudi): “la Metà del focatico rustico sarà pagata dai Coloni e l’altra metà dai rispettivi padroni del fondo, come essi padroni hanno pagato la metà della colletta sul bestiame”. Quello urbano “verrà formato in sette gradi da pagarsi in proporzione delle facoltà [possibilità] degli artisti [artigiani] e giornatarij [braccianti]”. Diminuita per il 1822 la spesa per gli spuri, 112,89 scudi. 128Ivi, pp. 197-198.
Nel 1823 viene introdotta, per il 1824, una tassa sui “carri tirati a bovi”, pagabile metà dai padroni e metà dai coloni. 129Ivi, pp. 327.
Fonti delle entrate erano sempre le imposte sui redditi agricoli, o sul bestiame o sulle famiglie impegnate nell’agricoltura in relazione al terreno coltivato e al suo estimo, o sul seminato a grano, quantitativamente potevano variare a seconda della situazione economica che si verificavano anno per anno. Per il 1824 è reintrodotta ad es. la tassa sul bestiame diminuendo in parte quella “sopra i fuochi”, “perché la scarsezza del raccolto de generi annorari percuotendo specialmente le famiglie miserabili, trovino esse un sollievo per questa parte”.130Ibidem Entrate ogni anno erano previste poi dal dazio sul vino e sulle carni fresche, dagli affitti del forno e del macello, dalle tasse sulle strade provinciali (per la prima volta il bilancio per il 1824) così ripartite “per un terzo sopra i fuochi, per un terzo sopra i bestiami, per un terzo sopra il censo” e che in uscita erano destinate allo stesso uso. Per la manutenzione delle strade comunali e per le spese impreviste e straordinarie il bilancio prevedeva sempre, ma non grandi, disponibilità. 131Ivi, pp. 236 e 252.
A dieci anni di distanza dal documento di Pio VII, papa Leone XII stava predisponendo nel 1826 un nuovo documento sull’amministrazione pubblica rinnovando anche il “Riparto de Territori”: efficienza (“comodo e utilità delle popolazioni”) ed economia erano alla radice del provvedimento, specie per quanto riguardava il riordino delle amministrazioni locali, queste infatti avrebbero dovuto funzionare meglio e a costi possibilmente più contenuti.
Venuti a conoscenza di questo progetto che la Delegazione di Ancona stava elaborando per il governo centrale, Massaccio provò di nuovo, come aveva fatto nel 1815-1817 a chiedere di essere fatto sede del Governo Giurisdizionale. di Staffolo. I motivi di efficienza e di economicità giocavano proprio in suo favore: la centralità delle sedi per tutto il circondario rendeva più efficiente il ruolo del governatore con una presenza più capillare nei paesi di sua competenza: “ogni cittadino potrebbe senza pena accedere al suo giudice. I Comuni sarebbero con più facilità diretti e sorvegliati. I buoni difesi, i rei atterriti […]”.
La zona, oltre a quella del Governo di Staffolo, per raggiungere un congruo numero di abitanti come si richiedeva, avrebbe potuto essere addirittura allargata comprendendo anche Sasso, Rotorscio e Domo che erano sotto Sassoferrato, Precicchie, Porcarella (Poggio S. Romualdo) e Castelletta sotto Fabriano, Ficano (Poggio SanVicino) e Frontale sotto San Severino, Apiro e Colognola sotto Cingoli. Le ragioni addotte per Massaccio-capoluogo erano avvalorate dal fatto che da_ queste località e paesi la gente affluiva “continuamente e necessariamente in Massaccio per rapporti commerciali”: un’affluenza numerosa e secolare, soprattutto per il mercato e le fiere. 132Ceccarelli R., Il mercato dei lunedì di Cupramontana, in Quaderni Storici Esini, n. II-2011, pp. 133-149.
Il progetto di Massaccio fu presentato nelle opportune sedi romane, sembrava che non ci fossero opposizioni pregiudiziali e che anche “il voto della Delegazione di Ancona fosse in favore di Massaccio”. Contemporaneamente (agosto 1827) da Roma si scriveva a Maiolati sollecitando un’azione più convinta facendo sottoscrivere un ricorso da tutte le rispettive magistrature di Massaccio, Poggio Cupro, Scisciano Monte Roberto, Castelbellino e S. Paolo: i tempi erano molto ristretti, ma si poteva provare. L’agente in Roma che curava gli interessi di Massaccio, il Conte Alberto Alborghetti, il 28 agosto scriveva che tutti era ancora segreto e che “tutte quelle ragioni, che possono dirsi, tutte quelle riflessioni, che possono farsi, ed in voce, ed in scritto sono state da me fatte, e dette, a tutti quelli, che ho ritenuto potessero avere una qualche influenza. Di lusinghe ne ho avute moltissime […]”.
Speranze purtroppo vane per Massaccio e paesi limitrofi: il 26 dicembre 1827 lo stesso Conte Alborghetti scriveva una lettera “riservata” al Gonfaloniere di Massaccio che il papa direttamente aveva deciso di sopprimere il Governo di Staffolo: “È stata mente decisa di N. [ostro] S. [ignore] che togliere qualunque fonte di competenza e di reclamo fra codesto Comune e quello di Staffolo sia in quella Comune soppresso il Governo, e tanto Massaccio, che Staffolo vengono ambedue portate sotto il Governo di Jesi”.133ASCC, Lettere varie (1826-1852).
Il Motu Proprio di Leone XII del 21 dicembre aveva dettato “norme communitative” nel titolo quinto (artt.161-227) e pur non accennando direttamente a questi “governi giurisdizionali”, parlava di un “Podestà” presente in ogni comune non sede di Governatore (art.19; l’art.32 ne fissava la competenze di giudice). A Staffolo Francesco Giorgi Alberti, governatore ormai in via di giubilazione, espletava ancora per tutto il 1828 alcune sue incombenze; 134ASCC, Atti 1828, tit. 3°. ASCC, Atti 1829, tit. 110. a Monte Roberto, Podestà è nominato Emidio Salvati agli inizi del 1829, a Massaccio Paolo Pittori. Dopo l’Editto della Segreteria di Stato del 5 luglio 1831 le competenze del Podestà passarono al Governatore Distrettuale (per la nostra zona aveva sede in Jesi) che doveva essere invitato a ciascuna adunanza dei “Consigli Comunitativi”,135ASCC, Atti 1831, tit. 2°, circolare del 26 luglio 1831, Delegazione di Ancona, n. 4882. in sua assenza ne avrebbe fatto le veci il Capo della Magistratura locale cioè il Priore. 136ASCC, Ivi, tit. 3°, circolare del 13 settembre 1831, Delegazione di Ancona, n. 7147.
Il Governatore di Staffolo per dieci anni aveva fatto da tramite tra le comunità di sua competenza e la Delegazione di Ancona ed aveva riassunto in sé, insieme ad altre, le competenze avute dalla figura del Governatore presente in ogni comunità dal 1816 al 1817, 137ASCC, Motu Proprio, Notificazioni (1816-1820), Notificazione del card. Consalvi del 18 settembre 1816. Giambattista Leonardi lo era stato per Monte Roberto, Panfilo Franceschini per Massaccio.