A Monte Roberto, come a Jesi e negli altri castelli del contado, non mancò di svilupparsi, tra il Trecento e il Quattrocento, una intensa devozione alla Madonna di Loreto sia da parte dei singoli fedeli che a livello ufficiale da parte della pubblica amministrazione. Quest’ultima spesso si rendeva presente direttamente al santuario di Loreto con l’offerta di cera o di altri preziosi oggetti e partecipava ogni anno alle spese per i fuochi e gli spari alla vigilia della Festa della Venuta della S. Casa (10 dicembre).
Il primo accenno, almeno per quanto riguarda i registri dell’Archivio comunale che ci rimangono, di questa devozione lo troviamo nel 1560 quando leggiamo: “Havemo dato et pagato a ser Orelio spitial da Jegi per li ciri et una torcia per portare a S.ta Maria di Loreto, fiorini 12 e bolognini 12”; 71 ASCMR, Entrate e uscite (1558-1586), c. 23r. una corona invece fu portata al santuario di Loreto il giorno della festa del Corpus Domini del 1562. 72 Ivi, c. 50r.
Nella chiesa parrocchiale nel 1603 in un altare laterale, accanto al fonte battesimale, fu posto un quadro di Antonino Sarti, “La Vergine Lauretana e Santi” (S. Ciriaco, S. Pelagio e S. Lorenzo).
Presso questo altare il 10 dicembre “si celebrava la festa della Vergine Lauretana colla processione nella quale si portava il simulacro della Santa Casa scolpito in legno dorato. L’altare venne dotato nel 1637 di alcune rendite con le quali si dovevano far celebrare durante la settimana alcune messe. 73 Annibaldi Cesare, Un affresco lauretano giottesco e il culto della S. Casa di Jesi; Città di Castello 1912, p. 42.
Il Comune intanto forniva ogni anno, nella festa del 10 dicembre, cera “per le luminarie per la S. Casa di Loreto”. 74 ASCMR, Consigli (1665-1676), c. 43v, 30 novembre 1666, 7 libbre di cera.
La confraternita del SS. Sacramento e del Rosario nel 1678 organizza un pellegrinaggio popolare a Loreto, chiede un contributo al comune che dà 4 coppe di grano per fare il pane da distribuirsi ai poveri che avrebbero partecipato al pellegrinaggio e per fare un regalo alla S. Casa. 75 ASCMR, deliberazioni Consigliari (1866-1876), nessuna delibera ne tratta tra il 1875 e il 1876.
L’esperienza viene ripetuta nei primi anni del Settecento; il pellegrinaggio si effettuava nel mese di maggio; nel 1703 esso doveva servire per ringraziare la Madonna per aver preservato il paese dal terremoto come era accaduto nella vicina Umbria 76 ASCMR, Consigli (1698-1711), cc. 51r/v, 25 marzo 1703., in questa occasione il Comune partecipa con l’offerta di 12 scudi che andavano ad aggiungersi alle altre offerte raccolte tra la gente, metà del contributo comunale sarebbe ‘stato però devoluto per i pellegrini poveri. Nello stesso anno vengono mandati a Loreto i 6 scudi impegnati in bilancio per la “ricreazione del Bussolo”, per il pranzo cioè che annualmente si teneva ai primi di gennaio quando si eleggevano i membri mancanti in seno al Consiglio della Comunità. 77 Ivi, c. 56v, 14 agosto 1703.
Il pellegrinaggio si ripete nel maggio del 1704 e del 1707. 78 Ivi, c. 91, 14 settembre 1707. Per la consuetudine di “fare li spari” e di “fare li fuochi” nella notte tra il 9 e il 10 dicembre, per la Festa della Venuta della S. Casa, il Consiglio Comunale nel 1782 stabilisce di comperare ogni anno 5 libbre di polvere da sparo e 40 fascine 79 ASCMR, Consigli (1780-1793), c. 35r, 15 dicembre 1782. e ciò avviene puntualmente negli anni successivi, anzi nel 1809 le “fascine di viti” diventano 50. 80 ASCMR, Sindacati (1790-1817), c. 102 r.
Fuochi e spari di notte, tradizionali da secoli dovevano servire ad esprimere “esultanza” e “giubilo” da parte del popolo, si erano trasformati invece, specie gli spari, in occasioni di vendetta e di odio privato: con il beneficio della notte e il salvacondotto della festa, era facile vendicarsi di qualche persona particolarmente invisa. Per prevenire questi gravi disordini il Delegato Apostolico di Ancona Mons. Ludovico Gazzoli, con una notificazione del 3 dicembre 1815, proibisce “nella notte del 10 dicembre, festa che suol solennizzarsi per la venuta della S. Casa di Loreto, gli spari tanto con armi da fuoco, quanto con qualunque altro strumento od artifizio”. 81 ASCC, Editti Bandi Decreti (1815-1818), vol. VI, p. 88.
Il Comune di Monte Roberto per fare gli spari in occasione di particolari solennità aveva alcuni mortai; nel 1766 essi non funzionavano più, così per la prima visita, nel mese di luglio, del vescovo Mons. Ubaldo Baldassini i mortai per gli spari vennero presi a Maiolati e riportati poi in Apiro dai legittimi proprietari. 82 ASCMR, Registro delli Bollettini (1711-1775), c. 232v. Qualche anno dopo nel 1773, si decide di accomodarne sei, affidati alla competenza dell’archibugiere mastro Francesco Bozzi di Monte S. Vito, dimorante in Staffolo, che li rese efficienti per il compenso di 6 scudi. 83 ASCMR, Consigli (1766-1780), c.134r, 16 maggio 1773 Considerata la spesa affrontata, poco dopo si decide ancora che “detti mortari non possono prestarsi a Paesi Forastieri senza licenza del Consiglio e che non habbiano arbitrio li Magistrati pro tempore di darli fuori”. 84 Ivi, c. 137r, 31 maggio 1773.
Gli spari alla fine del Settecento in occasione della festa della Madonna di Loreto venivano effettuati così con questi mortai sistemati dal Bozzi e garantiti per tre colpi consecutivi ciascuno per ogni volta. 85 ASCMR, Registro delli Bollettini (1711-1735), c. 281 v.
Nel 1831 il Comune possiede 12 mortai di bronzo e 7 di ferro, l’antica prescrizione di non prestarli era stata dimenticata, venivano dati infatti a paesi lontani e vicini e minacciavano di rovinarsi, si decide allora di nuovo di non prestarli più ” senza espressa licenza”. 86 ASCMR, Consigli (1829-1839), p. 02. I mortai furono dati nel 1926 alla Congregazione di Carità ed usati per la fusione delle campane della chiesa di S. Carlo. 87 ASCMR, Delibere di Giunta (1925-1926), n. 26 del 30 dicembre 1926, pp. 27-30.
A ricordo di questa devozione alla Madonna di Loreto da parte dell’intera popolazione di Monte Roberto attualmente rimane, in una nicchia da tempo rimasta vuota, al di sotto nella piccola torre civica sopra l’arco di ingresso al castello, la statua della Vergine Nera, suggello e conferma di una tradizione secolare, ivi posta nel 1970.