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49 2.3 LA NECROPOLI IN CONTRADA S. ANTONIO

A poco più di un secolo dalla scoperta della necropoli in contrada Noceto, un’altra necropoli, questa volta a valle, nell’ottobre 1982 fu portata alla luce.
La scoperta di numerose ossa umane fu fatta durante i lavori di sbancamento per l’apertura di una cava di ghiaia in contrada S. Antonio, non lontano dalla strada provinciale n. 9 Castelferretti-Montecarotto, la cosiddetta “Planina”.
I saggi di scavo, mettendo in luce una ventina di tombe, hanno accertato l’esistenza di una necropoli sufficientemente ampia che si estendeva su un’area di circa 3.500 mq., per complessivamente un centinaio di tombe. Un fossato curvilineo delimitava verso nord-ovest la necropoli: probabilmente in esso c’erano cespugli, alberi ornamentali o qualche altro segno che indicasse il sepolcreto. Le tombe del tipo a fossa, originariamente avevano la copertura a tegola andata però quasi completamente rovinata ad opera delle arature fatte sul terreno.
Gli scheletri avevano il cranio in direzione nord-ovest. Non è stato rinvenuto alcun oggetto di corredo. Una tomba, sotto il piano di deposizione, aveva un piccolo vano che doveva servire con tutta probabilità come camera d’aria, per isolare il corpo dall’umidità e da infiltrazioni d’acqua. Altre avevano le pareti fatte di frammenti di tegole e mattoni.
Tra la terra ghiaia di riempimento e tra i frammenti di copertura sono stati trovati alcuni frammenti di intonaco dipinto che certamente appartengono a costruzioni più antiche. Il sovrapporsi caotico di non poche tombe rivela come la necropoli continuasse ad essere in uso per lungo tempo. Risulta difficile una loro datazione per la mancanza totale di oggetti di corredo, genericamente però si possono attribuire ad età romana.
La consistenza della necropoli, non lontana dall’Abbazia di S. Apollinare, rivela la vicinanza di un grosso centro abitato probabilmente proprio Planina ubicata nell’area della stessa abbazia. { tooltip}7{end-texte}Rita Virzi Hdgglund, Una necropoli romana a Pianello Vallesina (Monte Roberto), in Picus- Studi e ricerche sulle Marche nell’antichità, II, 1982, P. 177-182, da cui è stato tratto ampiamente il testo.{end-tooltip}