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227 8.4 IL MACELLO

Probabilmente le prescrizioni stabilite dagli statuti di Jesi che riguardano i macellai e le rivendite di carne sono tra le più ampie e le più minuziose.30 Status sie sanctiones…., liber quartius, rub. X. Cc. 75r-76v; “De beccariis et qualiter eorum artem debeant exercere”  In essi si parla espressamente dei macelli della città di Jesi; le stesse norme però erano valide per quelli dei castelli dove, come in città, esse di volta in volta venivano fissate, le più importanti e le più funzionali alle circostanze, nei “capitoli” di appalto del pubblico macello, tra i quali insieme alle disponibilità delle varie specie di carni, si prevedeva per ognuna anche il prezzo.
Le norme igienico-sanitarie sono precise e puntuali sia per la macellazione delle carni e la loro conservazione come per la vendita.
I macelli pubblici della città e, si preciserà durante il Cinque-Seicento, dei castelli, dovevano avere a disposizione carni di maiale e vaccine (bove, manzo, vacca, vitella), ovine (castrato, agnello, pecora, capra, capretto, caprone o “stambecco”) e pollame (gallinacci, polanghe [tacchini]), in particolare poi non dovevano mancare nei periodi di Natale, carnevale e Pasqua, con prezzi che variavano prima o dopo questi tempi.
La disponibilità delle carni, dicevano gli statuti, doveva essere “abundanter et sufficienter”, tutti dovevano avere la possibilità di scelta al momento dell’acquisto. I macellai di città, si precisava ancora negli statuti, devono tenere, col permesso dell’autorità, e vendere a chi l’avesse voluta, carne di capriolo, di cinghiale e di cervo (“libram camium caprioli […], porci salvatici et cervii”).
L’annuale affitto del macello andava dal sabato santo al giovedì santo dell’anno successivo; per il 1782-83 a Monte Roberto se lo aggiudicò Pietro Antonio Sassaroli da Maiolati che lo aveva avuto in precedenza e che lo avrà per quasi dieci anni ancora. Nei “capitoli” da lui sottoscritti per quell’anno, vi è anche la lista delle carni disponibili con il relativo prezzo a libbra: vitella, tre baiocchi; castrato, tre baiocchi; bove, due baiocchi e due bolognini; capretto, tre baiocchi.31 ASCMR, Consigli (1780-1793), c. 25r/v, 25 marzo 1782; c. 105r/v, 19 marzo 1789.
Non vi è alcun accenno alle carni di maiale né al pollame, il Sassaroli non le teneva; in una piccola comunità come Monte Roberto non vi era richiesta di queste carni in quanto tutte le famiglie, anche in paese, allevavano un maiale per uso domestico ed avevano polli; i contadini poi ne allevavano anche per i loro padroni
L’affittuario del macello probabilmente non faceva grossi affari a Monte Roberto, se il Sassaroli al momento della stipula del contratto di affitto per il 1782-83 chiede al Comune in prestito la somma di dieci scudi con il consenso del Governatore di Jesi: se occorre – scrive – si dia anche di più, “purché il paese resti proveduto di carni”.32 Ivi, c. 25v.