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80 4.3 LE MURA CASTELLANE

Il Cherubini descrive così la cinta muraria di Monte Roberto: “Il castello ha una forma approssimativamente rettangolare alquanto allungata, da ovest a est. Nel breve lato orientale si apre la porta d’ingresso al castello, coperta da una volta a botte piuttosto lunga, nella quale si può distinguere una parte anteriore e una posteriore: quella anteriore corrisponde all’ampliamento del recinto murario avutosi nel [Quattro]-Cinquecento; la parte posteriore corrisponde alla cinta muraria più antica e più ristretta.
Il lungo lato del castello rivolto a meridione ha un alto torrione scarpato di pianta quadrangolare, valido strumento di difesa del lato stesso. Un altro torrione, meno evidente in quanto trasformato per uso abitativo, si eleva nell’angolo orientale dello stesso lato: si tratta di un notevole baluardo a cinque lati, scarpato, in quale si congiunge con l’anzidetta posta del castello, a difesa della quale era stato eretto.
La cortina muraria che si estendeva tra questo torrione e l’altro sopra ricordato è stata quasi completamente sostituita dalle abitazioni sorte successivamente; la cortina muraria è invece alquanto conservata nel breve tratto ad ovest del torrione quadrangolare suddetto, dove la base scarpata assume un andamento
quasi semicircolare.
Il lato settentrionale, meno gravato da abitazioni, è difeso da un possente torrione di pianta ottagonale, sei lati del quale emergono dal muro di cinta. Ad ovest di tale torrione la cortina muraria, ampiamente scarpata, è corredata da inverosimile’ sequenza di merli alla ghibellina (a coda di rondine) [ricostruiti prima anni Cinquanta del Novecento] che conferisce a quel settore un aspetto prevalentemente scenografico”. 22Cherubini A., Arte Medioevale nella Vallesina.Una nuova lettura, cit., p. 386.Mauro Maurizio, Castelli, Rocche, Torri, Cinte fortificate delle Marche, vol. II, seconda edizione, Adriapress, Ravenna 1997, p. 368.
Non conosciamo la data o le date precise della costruzione della primitiva dita muraria che tuttavia deve risalire ai primi decenni del Trecento, sappiamo che essa dovette subire una sostanziale ristrutturazione, se non un rifacimento ex novo, alla metà del Quattrocento, 23Urieli C., Jesi e il Contado, vol. II, p. 331. con maggiore precisione conosciamo invece le vicende della struttura della cinta muraria dal Seicento in poi. Essa infatti costituì uno dei problemi più onerosi e di più difficile soluzione per la pubblica amministrazione.
Periodici erano infatti i crolli di parte delle mura, ed anche i rifacimenti o gli iniurventi che di volta in volta venivano eseguiti non erano quasi mai definitivi o risolutori. La ragione era sostanzialmente, come rileverà l’architetto cuprense Paolo Isidoro Capponi nella perizia che fece l’8 agosto 1787, 24ASCMR, Registro delle lettere dei Signori Superiori e d’altri interessi pubblici … (1703-1795), e. 234r cc. 234-235, cfr. Appendice n. 2, C, pp. 287-288. che le mura castellane servono “di pura incornisciatura al Masso di Tufo sul quale è piantato tutto il castello”.
Piogge insistenti per giorni e giorni ed eventi straordinari come terremoti causavano crolli non facilmente e subito rimediabili.