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147 6.3 I PREDICATORI DELLA QUARESIMA

Il Concilio di Trento aveva sottolineato come fosse particolare dovere dei vescovi, degli arcipreti dei pievani e di tutti coloro che avessero cura d’anime nelle parrocchie, l’ufficio della predicazione (Sessione V, 17 giugno 1546, decreto secondo); sullo stesso argomento prescriveva poi, nel 1563, come specifico obbligo per i vescovi e per i parroci la predicazione “almeno tutte le domeniche nelle feste solenni, durante la quaresima e l’avvento del Signore, ogni giorno, o almeno tre volte la settimana, se lo credono utile, ed inoltre ogni volta che ciò possa essere stimato utile” 37Alberigo Giuseppe (a cura), Decisioni dei Concili Ecumenici, Utet, Torino 1978, p. 603 (Sessione XXIV, 11 novembre 1563, decreto di riforma, canone IV).  
Non tutti i parroci misero in atto subito la prescrizione conciliare, anche se il vescovo di Jesi mons. Gabriele del Monte nel 1567 nella sua lettera ai sacerdoti e ai fedeli per la quaresima ne evidenziava l’importanza: “[…] per lo offitio della santa predicazione i populi si excitano a devotione”; 38Zenobi C., L’episcopato jesino di Mons. Gabriele del Monte, cit., p. 165.  tuttavia ben presto si organizzarono corsi di predicazione nei tempi più importanti dell’anno in avvento e in quaresima.
La predicazione quaresimale acquistò particolare rilevanza non solo nelle grandi’ chiese della città dove si aveva l’occasione di ascoltare provetti predicatori alla presenza, nella cattedrale, della magistratura cittadina e del vescovo, ma anche nelle parrocchie dei castelli. Se nella città la predicazione poteva acquistare specie nel Seicento, un sapore coreografico, nei paesi era un avvenimento considerevole che coinvolgeva l’intera comunità. Nel bilancio annuale era previsto l’onorario per il predicatore, il Consiglio stesso della Comunità lo sceglieva e in un certo senso vigilava sul migliore andamento della predicazione e sull’impatto che essa aveva sul popolo.
Il Consiglio di Monte Roberto al predicatore della quaresima del 1602 assegna 30 fiorini e 25 baiocchi; 39ASCMR, Sindacati (1602-1608).  19 scudi e 87 baiocchi nel 1609; 40ASCMR, Entrate e Uscite (1609-1620), c. 49v.  nel 1611 predica p. Arcangelo Martarelli da Montecarotto 41ASCMR, Consigli (1608-1616), cc. 59v/60r, 16 marzo 1610.  e gli vengono dati 20 scudi e 70 baiocchi; 42ASCMR, Entrate e Uscite.(1609-1620), c. 56v.per gli anni successivi l’onorario è di 21 scudi, diventano 13 e 20 nel 1616: il comune però si accolla le spese per l’affitto della casa, per le fascine e la legna per il riscaldamento e l’olio per l’illuminazione.
Verso la fine del secolo troviamo che da anni alla conclusione della predicazione quaresimale “per carità” si dava al predicatore un agnello; il Consiglio nella seduta del 3 maggio 1694 decide interrompere la regalia “per non metterla in uso [cioè farla diventare una consuetudine], tanto più che non l’abbiamo in tabella” per rendere esecutiva la decisione tuttavia si doveva chiedere il nulla-osta al Governatore. 43ASCMR, Consigli (1676-1698), cc: 215r/v e 216r.  
Qualche anno più tardi nel 1712, di nuovo “l’agnello [è] dato per carità al Predicatore”, non diventa però un fatto abituale tanto che tre anni dopo, per questo omaggio, non si prevede alcunché in bilancio: “Son di parere, dice il relatore in Consiglio, non darglisi veruna recognitione o regalo, e chi vorrà darglielo gli lo dij del proprio”. 44ASCMR, Consigli (1711-1735), c. 79r, 21 luglio 1715. Per tutto il Settecento l’onorario del predicatore è di 12 scudi, non molto forse, ma anche il parroco partecipava alle spese per la sua ospitalità in paese.
La predica era quotidiana e al suono delle campane il popolo gremiva la chiesa. Non tutti i predicatori purtroppo rispondevano alle attese della gente, accadeva raramente ma accadeva, e allora se ne di discuteva anche nel Consiglio della Comunità: il popolo va in chiesa ma non sempre trova “chi dispensi loro il Pane evangelico’. Si verifica nella quaresima del 1755: il predicatore p. Boni domenicano, nonostante l’elemosina e quanto gli “somministra il parroco” si prende la libertà di lasciare delle prediche “con pregiudizio e scandalo del popolo”, il consiglio decide allora all’unanimità “che gli emolumenti si diano in proporzione alle fatiche e non per andare a spasso”. 45ASCMR, Consigli (1735-1755), cc. 270 e 272r, 20 aprile 1755.
Col napoleonico Regno d’Italia (1808) dal bilancio comunale viene cancellato l’onorario per il predicatore della quaresima, sarà ripristinato con il ritorno del governo pontificio (1815). Avvento e quaresima comunque venivano ugualmente solennizzati con la predicazione.
Nel dicembre 1808 il sindaco Filippo Salvati si rivolgeva direttamente al Ministro del Culto, “Senta Sig. Ministro e poi stupisca”, segnalando come il predicatore dell’avvento, p. Carlo da Staffolo, minore riformato del convento della Romita di Massaccio, scelto dal parroco, abbia proferito “parole piccanti ed offensive verso il pubblico, ed abbia fatto un’invettiva dal pulpito al popolo con sosquipedali (sic) ed altisonanti parole talmente improprie e indecenti dando generalmente fra le altre cose degli asini e birbanti a tutti gli ascoltatori” e tutto ciò, sottolineava il sindaco, con l’accordo più o meno tacilo del parroco don Paolo Breccia. “Il fatto fu serio e di molto scandalo”, molti si meravigliarono e ne parlarono con il sindaco, “come possa commettere sì forti insulti un Oratore che ha vantato dal pulpito di aver predicato nelle città capitali e metropoli”. 46ASCMR, Registro di Lettere (1808-1809), p. 111, n. 290, 14 dicembre 1808.  
Negli anni successivi il controllo sui predicatori da parte del governo si fece più meticoloso. Una circolare prefettizia del Dipartimento del Metauro (Ancona) del 12 novembre 1812, n. 41592, prescriveva che “nessun predicatore potrà intraprendere il corso delle sue Orazioni senza essersi prima presentato a questa Prefettura e senza aver prima riportato la politica placitazione che verrà rilasciata sopra la licenza dell’Ordinario”, cioè del Vescovo.
Nel febbraio 1814 il Prefetto Provvisorio Benincasa attenuava la prescrizione concedendo ai Podestà la facoltà di dare la “politica placitazione”; nel successivo novembre invece richiamò alla più stretta osservanza della circolare del 1812, anzi con una ulteriore circolare “riservatissima” si ordinerà “che ogni Comune ove si predicherà nell’imminente avvento, un impiegato od altra intelligente e proba persona di conosciuto attaccamento al Governo, assista alle prediche con tutta la possibile attenzione e sulle deposizioni da lui fatte di certa scenza (sic) e coscenza e sull’analisi delle parole e proposizioni proferite qualora l’oratore si renda meritevole di politica censura sarà dalla Superiorità giudicato”. 47ASCC, Atti, 1814, tit. 1°, Culto; circolari della Prefettura del Dipartimento del Metauro del 15 febbraio, 11 e 20 novembre 1814.
Da non confondersi con la predicazione quaresimale o in tempo di avvento, le missioni al popolo che si tenevano di tanto in tanto: un corso di predicazione intensiva su tutto il territorio della parrocchia con particolari privilegi e facoltà da parte dei predicatori stessi. In ricordo delle missioni tenute a Monte Roberto nel giugno 1694 si costruì una croce di legno posta lungo la strada nei pressi del paese, 48ASCMR Consigli (1676-1698), c. 216v, 3 giugno 1694.  il luogo in genere era quello dove veniva dato il saluto o il commiato ai missionari. Per le missioni del 1770, predicate da p. Luigi da S. Remo, minore osservante riformato e da altri frati dello stesso ordine, il Comune si impegnò ad offrire legna, olio e generi alimentari. 49ASCMR Consigli (1766-1780), cc. 95v e 96v, 16 ottobre 1770.  
Solo nel 1867 il Consiglio Comunale decise, con un solo voto di maggioranza di sopprimere definitivamente la spesa, che era di £. 63,84, “per l’onorario del predicatore quaresimale”, per due ragioni, “per il cattivo stato finanziario in cui trovasi il Comune […] e per il miglioramento della condizione economica del parroco a confronto di quella di una volta”. 50ASCMR, Deliberazioni Consigliari (1866-1876), p. 57, 31 gennaio 1867.