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143 6.2 I PARROCI E IL CLERO

 Probabilmente don Pietro Brancoli da Gualdo, ricordato, come cappellano in Monte Roberto nella chiesa di S. Silvestro, il 30 ottobre 1553, 11ASCMR, Trasatti (1529-1568), c. 197r. non era il parroco, dal titolo non sembrerebbe, la serie dei parroci comunque inizia, dai nomi conosciuti, l’anno dopo con don Costantino Scevola da Spello che prese possesso della parrocchia il 13 luglio 1554; 12Zenobi C., L’episcopato di Mons. Gabriele del Monte (1554-1597), Jesi 1989, p. 181. non conosciamo l’identità dei parroci precedenti, sappiamo però che erano presenti in paese almeno da due secoli.
Don Costantino non conosceva quasi affatto il latino, era poco adatto alla cura d’anime, non spiegava il vangelo alla domenica e non faceva il catechismo ai bambini, teneva però in un certo buon ordine la chiesa parrocchiale ma doveva meglio conservare registri dei matrimoni e dei battesimi 13Ivi, pp. 81, 177e 180. prescritti dal Concilio di Trento (Sessione XXIV, 11 novembre 1563). Per don Costantino l’essere parroco, come per i titolari di analoghi uffici nel suo tempo, era più un godere del beneficio, cioè delle rendite finanziarie legate alla sua parrocchia, che non una missione pastorale, la nomina del resto l’aveva avuta da mons. Pietro del Monte, “esperto in cose militari più che in uffici della Chiesa 14Urieli C., La Chiesa di Jesi, Jesi 1993, p. 252. nel breve tempo del suo episcopato jesino. Per far fronte ai suoi doveri pastorali veniva invitato formalmente a provvedersi di un idoneo coadiutore approvato dal vescovo, cui affidare il catechismo, la predicazione domenicale e l’amministrazione dei sacramenti.
Nel 1585 come successore di don Costantino troviamo don Servolo Scevola da Spello, probabilmente suo nipote o parente stretto. Il parroco non era l’unico sacerdote del paese, c’era anche il cappellano della Chiesa Nuova o Chiesa di S. Maria del Buon Gesù, costruita nel 1567, con specifici obblighi di officiarla su mandato della Comunità: il cappellano in genere, come vedremo, era anche maestro nella locale scuola. Come cappellani in questo scorcio di secolo troviamo don Ercole Fiorani 15  ASCMR, Consigli (1608-1616), cc. 99r/v, 9 aprile 1613. e don Giovanni Santi. 16Ivi, c. 52. L’ufficiatura della Chiesa era concessa anno per anno dal Consiglio della Comunità; venivano preferiti, quando c’erano, i sacerdoti novelli nativi di Monte Roberto: nel 1613 l’ebbe don Domenico Polidori 17ASCMR, Consigli (1608-1616), cc. 99r/v, 9 aprile 1613. che aveva celebrato la prima messa nel novembre dell’anno prima, 18Ivi, c.90r. l’incarico gli sarà riconfermato l’anno successivo a patto che avesse avuto la facoltà di confessare. 19Ivi, c:141 v.
La celebrazione della messa di neo-sacerdoti sia di Monte Roberto che di Castelbellino veniva accompagnata da un dono delle due comunità invitate alla cerimonia: don Angelo Colini nell’estate del 1603 ebbe dalla Comunità di Monte Roberto 3 libbre di cera, 4 coppe di grano e 1 soma di vino, 20ASCMR, Sindacati (1602-1608), cc. 53r/v. a don Simone Rinaldi di Castelbellino il Consiglio di Monte Roberto decise di fare “l’elemosina come agli altri e in caso che non si abbia vino si supplischi con il grano”; 21ASCMR, Consigli (1608-1616), cc. 86r/v, 26 agosto 1612. Cinquant’anni prima ad un sacerdote novello di Castelbellino fu offerto un cero (Entrate e Uscite (1558-1586), c. 60r, settembre-ottobre 1563), analoghi doni in quegli anni furono fatti a neosacerdoti di Monte Roberto (Ivi, c. 17r, 1559; c .99r, 1595) e a frati di Castelbellino (Ivi, c. 121r, 1569). don Dionisio Capitelli di Monte Roberto, monaco benedettino, nel 1667 ricevette in dono una soma di grano e una soma di vino. 22ASCMR, Consigli (1665-1676), cc. 52r/v, 29 settembre 1667.
Se oggi assistiamo ad un progressivo ridursi delle presenze sacerdotali nei piccoli paesi anche nella titolarità delle parrocchie, in passato esse erano ben più numerose: a Monte Roberto nel 1726 c’erano 6 preti, un diacono e 3 chierici (a Castelbellino 4 preti e un diacono), nel 1740 8 preti e 4 chierici (Castelbellino 4 preti), nel 1755 i preti erano 11 (Castelbellino 5), 4 nel 1869 (Castelbellino 3) e nel 1896 (Castelbellino 2).
In genere erano i figli delle famiglie più abbienti che venivano avviati alla vita ecclesiastica, alcuni potevano far carriera, altri per lo più rimanevano in paese trovando sostentamento nei beni di famiglia, qualche volta erano occupati come maestri di scuola concorrendo per cattedre in altri paesi, spesso facevano parte del Consiglio di Monte Roberto.
Erano responsabili di qualche confraternita e poteva venir loro affidata l’ufficiatura in altari laterali della chiesa parrocchiale senza che il parroco vi potesse intervenire; responsabili anche di particolari raccolte di offerte, come ad esempio per le Anime Purganti, ne rispondevano direttamente al Vescovo o alle confraternite stesse.
Non infrequenti erano i dissapori e le liti tra gli stessi sacerdoti per la divisione e la distribuzione degli emolumenti derivanti da alcune prestazioni liturgiche; qualche caso di vita poco esemplare era punito dal vescovo magari con l’obbligo di esercizi spirituali. Se qualche sacerdote lasciava desiderare una migliore testimonianza, altri ce n’erano veramente degni di venerazione come don Luigi Guglielmi descritto dal sindaco Filippo Salvati nel 1809 come “l’uomo più savio, il più ben educato, il più caritatevole, il più probo che sia nel mio comune, a sentimento di chi ha la sorte di conoscerlo”.23  ASCMR, Registro di lettere (1808-1809), p. 218, lettera al Vice Prefetto del Distretto di Jesi,  del 19 settembre 1809.
Dal 1643 al 1649 fu parroco don Teodorico Leoni di una nobile famiglia di Staffolo, di cui alcuni esponenti ebbero cariche pubbliche a Monte Roberto nel corso del Seicento e Settecento acquistandovi proprietà fondiarie ed immobiliari.
Ottenne la parrocchia di Monte Roberto nel 1681 don Giovanni Bernardino Ferranti di Massaccio (Cupramontana). Aveva conseguito la laurea in diritto civile e canonico presso l’Università di Macerata a soli 22 anni. Sacerdote nel 1658 insegnò a Castelplanio, Massaccio, Monsanvito e nel Seminario di Jesi. “Dura tutto di – scriveva il Menicucci nel 1790 – il grido dell’arte sua singolare nell’insegnare ai giovani le belle lettere”. 24Menicucci F., Dizionario Istorico de Cuprensi-montani, in Antichità Picene di Giuseppe Colucci,  vol. IX, Fermo 1790, pp. CXIV-CXV. Fece parte di numerose accademie e letterarie, dei Germoglianti e degli Inariditi di Massaccio, dei Disposti e dei Riverenti di Jesi, dei Sorgenti di Osimo e dei Filergiti di Folli. Governò la parrocchia “con somma edificazione di quel popolo” fino al marzo 1701.
Alla morte di don Pier Francesco Sebastianelli nel 1736, che aveva retto la parrocchia per 35 anni, gli succede don Girolamo Noni, il posto comunque gli viene conteso da don Marino Moriconi da dieci anni parroco a S. Maria Nuova, che ebbe la parrocchia “per giustizia” dopo un ricorso a Roma; 24bisMenicucci F., Varie notizie istoriche di Cupra Montana o sia Massaccio, vol. I, cc. 19v e  20r. Fondo Menicucci, Archivio Storico Parrocchiale S. Leonardo, Cupramontana. il consiglio della Comunità però si era schierato dalla parte di don Girolamo, “è possidente di beni patrimoniali”, si osserva, e “con l’entrare in questa Pieve [può] far risplendere la Chiesa parrocchiale con abbellirla di fabbriche, quanto con dotarla di decenti suppellettili”. 25ASCMR, Consigli (1735-1755), c. 9r, 3 aprile 1736. Alla prematura morte di don Marino Moriconi la parrocchia venne affidata nel 1737 a don Lucio Rocchi che oltre ad essere pastore zelante e capace fu per diversi anni confermato dal Consiglio della Comunità quale maestro, fino alla sua rinuncia, come maestro fatta il 30 aprile 1752. 26Ivi, c.270r.
Alla generosa attività del parroco don Carlo Antonio Rocchi che sostituì Don Lucio nel 1765, si deve la costruzione della nuova chiesa parrocchiale iniziata nel 1769 ed ultimata nel 1789, nonostante che alla morte di don Carlo Antonio, avvenuta l’anno prima, gli eredi abbiano portato via tutto il legname, sia quello lavorato come i telai per le finestre, sia quello usato per le armature e nonostante che esso fosse stato acquistato con il denaro dato in elemosina dalla Comunità. 27  ASCMR, Consigli (1780-1793), c. 90r. 27 aprile 1788.
Un carattere deciso, forse un po’ scontroso, ebbe don Paolo Breccia parroco dal 1806 al 1830: i tempi certo non lo favorirono nel renderlo più duttile, dai modi poco diplomatici, non rari erano gli scontri con le autorità politico-amministrative sia a livello comunale che distrettuale, dovettero ben conoscerlo, se non altro per le lettere inviate dal sindaco Filippo Salvati, il Vice-Prefetto distrettuale di Jesi, 28ASCMR, Registro di lettere (1808-1809), n. 36 dell’1.2.1809, pp. 134-135; n. 230 del  9.7.1809,   pp. 217-219; n. 270 dell’1.9.1809, pp. 235-237. il Prefetto del Dipartimento del Metauro 29Ivi, n .39 del marzo 1809, pp. 156-158. ed anche il ministro del Culto. 30Ivi, n. 290 del 14 dicembre 1808, pp. 111-113..
Era giovane sacerdote don Paolo Clementi quando divenne parroco di Monte Roberto nel 1852, aveva celebrato la prima messa nel 1848. Vi rimase fino all’alba del nuovo secolo: i parrocchiani ne sperimentarono la bontà del pastore e la fine intelligenza del letterato. Don Paolo, fervido cultore delle lettere italiane e latine, poetava in latino, vero “maestro di latine eleganze”; era lo zio di Luigi Bartolini (1892-1963), artista poliedrico di Cupramontana che così lo ricorda: “… Zio Don Paolo…/ Don Paolo Clementi/ che scriveva versi in latino/ di primo mattino, /passeggiando a capo chino, / lungo e largo per il giardino/…”. 31Barteolini L., Pianete, Vallecchi, Firenze 1953, p. 247. Tra i più dotti sacerdoti della diocesi faceva parte di un cenacolo di letterati tra i quali don Antonio Zanotti (1814-1888) e mons. Giovanni Annibaldi (1828-1904) entrambi di Cupramontana di cui amava circondarsi il card. Carlo Luigi Morichini vescovo di Jesi nei momenti di riposo nella villa di Castelplanio. 32Urieli C., Cattolici a Jesi dal 1860 al 1930, Jesi 1976, pp. 25-60, 115. Urieli C., Il Cardinale Carlo Luigi Morichini, Jesi 2001, p. 50. Diede alle stampe non poche delle sue composizioni in latino 33Urieli C. (a cura di), La Diocesi difesi 1978, Jesi 1979, p. 437.   ricevendo riconoscimenti e plauso anche in versi. 34Novelli Nazzareno, Saggi Poetici, Tip. Romagnoli, Castelplanio 1895, pp. 34-39.   Novelli Nazzareno, Nel giubileo sacerdotale di Don Paolo Clementi parroco di Monte Roberto, Tip. Romagnoli, Castelplanio 1898, pp. 8.   
Don Vincenzo Ciarmatori resse la parrocchia dal 1900 al 1936, era nato a S. Marcello nel 1869. “La sua azione pastorale assunse notevole importanza in campo diocesano quando, sempre restando parroco a Monte Roberto fu presidente della giunta diocesana di Azione Cattolica, operando attivamente per ricostruire, dopo lo sconquasso della guerra le varie organizzazioni cattoliche in stretta collaborazione con don Angelo Cappannini e don Angelo Battistoni. Notevole infatti era stata la sua attività anche in campo sociale, con l’istituzione nella sua parrocchia di due Unioni Agricole, l’una a Monte Roberto e l’altra a S. Apollinare. All’inizio del 1915 fondò nel paese la prima delle molte Case Rurali sorte in diocesi in quel periodo, avendo come collaboratore nella stessa Cassa don Luigi Nisi parroco di Castelbellino”. 35Rivista Diocesana, anno XXXII, Jesi 1984, p. 128.    Urieli C., Cattolici a Jesi dal 1860 al 1930, cit., pp. 367, 369, 412.
Era un profondo conoscitore di Dante, citava a memoria interi brani della Divina Commedia. Scrisse anche un poemetto in tre canti in terzine sulla S. Casa di Loreto “Storia di un volo senza ali e senza motore”.36Tip. F.11i Rosati, Montemarciano 1930, pp. 48; sul frontespizio xilografia di Bruno da Osimo. Fu ristampata in Un ponte tra l ‘ appennino e l’infinito, a cura della Pro Loco di Monte Roberto, s.d., pp. 32-50.

Morì il 6 febbraio 1942 a Jesi