Vai al contenuto
Home » BLOG » 213 7.7 LA FILANDA E I MOLINI DA OLIO

213 7.7 LA FILANDA E I MOLINI DA OLIO

La tassa del macinato non era l’unica, c’era una tassa o “gabella” su ogni merce che veniva commercializzata. Prescriveva un bando del Governatore mons. Giuseppe Ciurani del 4 giugno 1659: “[…] ogni sorte di marcantia di qual si sia sorte, che entrerà nella Città debba prima condursi in Doana del Magazzino à descriverla nel libro della Doana, col suo numero, peso e misura e pagare la dovuta gabella Doana”. 115 ASCC, Editti e Bandi (1585-1699).
Queste gabelle si pagavano sempre, “eccettuate le fiere”, quando per. incentivare il commercio e gli scambi le tasse venivano sospese. I “pesciaroli” prima di vendere dovevano pagare “un giulio per soma”, ordinava il Governatore Ciurani ed anche chi vendeva o comprava “Lana, e Bozzi da cavar seta [… doveva] pagare la gabella di doi quattrini à libra di Lana, e Bozzi, da pagarsi dal Compratore in mano [al…] Deputato”.
Le disposizioni riguardavano i commercianti di lana e bozzoli “tanto della Città, come ne Castelli, e nostra Giurisditione”, evidentemente la bachicoltura si era sviluppata in tutta la valle dell’Esino già da qualche decennio ed i Governatori avevano provveduto non tanto a regolamentarla quanto a tassarne la produzione di bozzoli. L’annuale “trasatto della foglia de’ Mori” tra il- Sei-Settecento e la cottura dei bozzoli rivelano quanto sia stata importante anche questa attività agricola stagionale nell’economia di Monte Roberto. Un ruolo che si accrebbe nei primi decenni dell’Ottocento quando troviamo in paese e in attività una filanda da seta, 116 ASCMR, Consigli (1829-1839), p. 86, la filanda e già esistente nel 1830. ubicata nell’immobile, Palazzo Casati tra l’Otto e il Novecento e poi – rinnovato – Palazzo Comunale, nella parte che dà sull’attuale piazza Serafino Salvati. Il luogo e la parte del palazzo sono ancora chiamati dalla gente “a’ filandra”. Una piccola azienda, diremmo oggi, che assorbiva parte della produzione locale di bozzoli; più importanti, come già accennato, le “piazze” e gli impianti di lavorazione di Jesi e di Massaccio che in prosieguo di tempo dovettero mettere in crisi fino alla chiusura, la non grande filanda di Monte Roberto.
Secolare come la viticoltura, la coltivazione dell’olivo trovò negli statuti di Jesi una particolare protezione. Si prescrive infatti che ogni abitante del contado (“quilibet civis seu comitativus Esij”) proprietario di terreni con un certo reddito era tenuto a piantare ogni anno un congruo numero di olivi e a coltivarli per farli fruttificare in maniera conveniente (“ut fructum faciant congrue”). Per chi non avesse ottemperato erano previste salate pene pecuniarie. 117 Statuta Sive Sanctiones et Ordinamenta Aesinae Civitatis, Macerata, Luca Bini 1561, liber secundus, rub. LXVII, c. 34r.
Gli stessi statuti tutelavano poi con normative specifiche le stesse piante di olivo, mentre altre riguardavano in genere sia piante da frutto che piante d’alto fusto 118 Ivi, liber quintus, rub. XV, c. 86v.. Per la lavorazione delle olive, i molini da olio, a differenza di quelli da grano che nella nostra zona, erano ubicati lungo i torrenti ed il fiume sfruttando l’energia dell’acqua, si trovano anche in collina negli agglomerati urbani o presso case nei cui terreni limitrofi abbondavano piantagioni di olivi. Le mole erano mosse da asini, muli, cavalli o bestie bovine.
Dei molini che dovevano esserci in territorio di Monte Roberto non ci rimangono molte notizie: nel 1809 un molino da olio c’era nei pressi del paese, in contrada Ciampana, in un piccolo podere appartenente al Regio Demanio, già dei padri Agostiniani di Jesi 119 ASCMR, Registro di lettere (1808-1809), n. 161, 23 maggio p. 187..Un altro molino da olio viene registrato nel 1914 di proprietà di Elisa Crescentini in Amatori domiciliata a Cupramontana. 120 ASCC, Atti 1914, VIII, art. 8: lista parziale degli elettori commerciali. Acquistato agli inizi degli anni Trenta da Giuseppe David fu rilevato nel 1963 dai F.lli Annibaldi e tenuto in attività fino al 1984-85. Era ubicato in via XXIV Maggio.
Nelle campagne di Monte Roberto e anche di Castelbellino ancora resistono al tempo non pochi vetusti olivi che testimoniano l’antica e chiara vocazione di questi territori verso una coltivazione particolarmente preferita 121 Ceccarelli Riccardo, Castelli dell’olio sulla destra dell’Esino, Ancona 2005, pp. 37-41.